Monday, January 12, 2009

NIMPA: “not in my pensionable age”


La sentenza della Corte di Giustizia Europea sull’equiparazione dell’età di pensionamento per uomini e donne è stata accompagnata da commenti, spesso contrastanti, anche all’interno della stessa maggioranza.


Ha avuto un gran risalto mediatico, anche grazie alle dichiarazioni compiacenti del Ministro Brunetta, la sentenza della Corte di Giustizia Europea (C-46/07) che stabilisce l’equiparazione dell’età di pensionamento di vecchiaia per uomini e donne. La Corte ha cioè messo in mora l’Italia per la differenza per genere all’interno della gestione pensionistica INPDAP, ovvero riguardante solo i lavoratori del settore pubblico. Ma come è stato sottolineato da più parti, se la Corte fosse chiamata anche per valutare il regime nella gestione INPS (ovvero dei lavoratori nel settore privato), le argomentazioni della sentenza sarebbero tout court estendibili a tutto il regime pensionistico oggi vigente.

Il Ministro Brunetta, come detto, si è fatto subito promotore nel perseguimento dell’equiparazione dell’età pensionabile tra maschi e femmine: “l'invecchiamento attivo è un bene pubblico e come tale occorre farne rilevare la convenienza e sostenerlo con gli opportuni incentivi, anche fiscali, e disincentivare le uscite precoci dal lavoro”, ha detto il Ministro. ''Brunetto-scherzetto! Prendiamo come una battuta quella detta sulle pensioni dal ministro Brunetta su un argomento di questa importanza, che avrebbe dovuto essere oggetto di un’approfondita discussione politica all'interno della maggioranza; discussione approfondita che vi è già stata proprio in occasione dell'ultima riforma previdenziale'' ha subito controbattuto il Ministro Roberto Calderoli. Il Ministro leghista infatti difende la Contro-Riforma del suo collega di partito Maroni, che nel 2004, quando presiedeva il Ministero del Lavoro ha reintrodotto (Legge n. 243, 23 agosto 2004 art. 1, comma 6, lettera b) un’età di pensionamento di vecchiaia diversa per donne (60 anni) e uomini (65), rinnegando i principi di flessibilità e uguaglianza stabiliti dalla riforma Dini (Legge n. 335 dell’8 agosto 1995) che introduceva, assieme al metodo di calcolo contributivo, un’età di pensionamento flessibile tra i 57 e 65 anni uguale per uomini e donne.


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