Monday, November 30, 2009

Da Il Tirreno

Evasione Ici, i furbetti sono tanti

Prime case di residenza sotto inchiesta: dopo le lettere del Comune molti hanno scelto di sanare, i più non danno risposta
GROSSETO. Gli "007" incaricati dal Comune di mettere mano all'universo nascosto dell'evasione Ici, ci avevano visto giusto. A Marina di Grosseto troppi residenti dichiarati rispetto alla popolazione reale. Qualcuno dunque stava facendo il furbo, o almeno si era "dimenticato" di fare le cose per bene.
Come? Semplice. Berlusconi abolisce l'Ici, ma solo sulla prima casa di residenza. Ecco allora che più di un italiano si attrezza. E intesta anche la seconda abitazione a un parente (in i genitori ai figli), il quale si dichiara "residente in prima casa" e dunque si esonera dall'Ici. Salvo poi abitare in realtà da tutt'altra parte, magari proprio con mamma e papà. I quali, soprattutto se la casa in questione si trova in località vacanziere come Marina, spesso addirittura affittano la "casa di residenza" del figliuolo ai turisti.
Il sistema non è nuovo. Ma dopo il "taglio" del governo, i Comuni si sono trovati al collasso finanziario. E sono stati costretti alla tolleranza zero nei confronti del fenomeno.
Così il Comune di Grosseto, che con l'Ufficio Tributi e Patrimonio ha avviato una serie di controlli incrociati utilizzando l'anagrafe. E subito è saltato all'occhio il caso Marina, dove ufficialmente risultavano circa 2mila "prime case di residenza". Troppe.
L'Ufficio guidato dal dirigente Nazario Festeggiato ha imboccato una strada "soft". Una letterina, inviata tramite raccomandata ai residenti "sospetti", per invitarli bonariamente a presentarsi entro 60 giorni agli uffici e a chiarire la loro posizione. A ottobre, in due tranche a distanza di una settimana l'una dall'altra, sono partite 270 lettere. E l'effetto si è visto subito.
I primi a presentarsi, praticamente il giorno dopo aver ricevuto la lettera, sono stati proprio quelli in regola. I quali, a volte anche un po' offesi dal "dubbio", hanno chiarito le loro posizioni, subito archiviate. Sul totale di 270 sotto esame, sono l'11%. Poi però hanno cominciato a presentarsi i cittadini che, sapendo di non essere in regola, hanno chiesto il "concordato", cambiando subito residenza e iscrivendosi al pagamento Ici. Questi sono il 10% di 270: totale 21% di casi già chiusi.
E gli altri? Il 15% non ha ritirato la lettera (gli avvisi dei postini sono ancora appiccicati alle porte), segno che a quegli indirizzi non ci si abita poi troppo, in autunno. Il 37% ha ritirato la raccomandata ma ancora non si è presentato agli uffici, e il 26% si è presentato offrendo documentazioni ancora in fase di verifica.
Morale? «A gennaio avremo il quadro completo di questa prima mandata», dice Festeggiato, dopodiché si passerà al controllo a tappeto su tutta la città. Ma intanto il dato è abbastanza chiaro: se, su 270 "sospetti", solo l'11% è subito corso a dimostrare la propria correttezza, vuol dire che la maggior parte dei casi - alla fine - risulterà fuori regola. E, per capirsi, se anche a conclusione delle verifiche si recuperassero solo 100 contribuenti Ici, per il Comune significherebbe incassare oltre 50mila euro in più l'anno di tasse fin qui "negate". Una somma già importante, che però - secondo gli 007 comunali - potrebbe rivelarsi di gran lunga superiore.
«Ma sia chiaro - ribadisce Festeggiato - il tutto non con la volontà di punire i cittadini, ma nell'ottica dell'equità fiscale. Aumentare la base imponibile significa far pagare tutti quelli che devono pagare e dare migliori servizi alla collettività».
(28 novembre 2009)

Domenica, maledetta domenica


Piccolo mondo antico. A Grosseto è guerra aperta fra confesercenti e sindacati da una parte e grandi catene dall'altra.
La pietra del contendere? La nuova ordinanza comunale che impone la chiusura di tutti i negozi la terza domenica del mese.
Le grandi catene vorrebbero rimanere aperte, ma il comune dice no. Certo, bisogna dare atto all'amministrazione che il problema è spinoso.
Da una parte il Comune ha ragione, perdere i voti dei piccoli commercianti, che a Grosseto sono molti, sarebbe pericoloso in tempi così rosei. Naturalmente questa è una considerazione giornalistica e del tutto personale.
Il punto è se però sarebbe ancora più ragionevole fare la cosa giusta. Facendo un esempio sui massimi sistemi (viene più facile), si è sempre rimproverato al Governo di usare il consenso per generare consenso, anzichè per fare le riforme che servirebbero al paese.
Qui mi pare che la situazione si ripeta.
Credo infatti che un'ordinanza che limita l'apertura dei negozi indipendentemente dalla volontà dell'esercente sia un provvedimento francamente corporativo, su cui forse occorrerebbe tornare.
Voglio dire: in nessuno Stato liberale, come spero che il nostro possa chiamarsi, si può obbligare la gente a non lavorare. Penso che la paura dei commercianti sia fondata, ma non si può arrestare il corso della storia. Ci vorrebbe un altro congresso di Vienna e non funzionerebbe neanche stavolta.
Mi scuso per la franchezza, ma essere consolatori è compito dei politici, essere franchi è compito dei blogger.

Saturday, November 28, 2009

Stavolta facciamoci sentire

Come segretario del Partito Democratico, sento il dovere di fare un appello a tutti i cittadini di Follonica, senza distinzione di appartenenza politica affinchè sfruttino l’opportunità che ci viene data, per la prima volta, di parlare insieme dell’inceneritore di Scarlino. Martedì 01 Dicembre alle ore 15,30 si terrà presso la Sala Consiliare del Comune di Follonica, l’Inchiesta Pubblica sul riesame alla Via all’inceneritore: tutti possono partecipare, fare domande, osservazioni ed esprimere la loro opinione. E’ fondamentale cogliere questa occasione di vera democrazia per poter dimostrare quanto questo argomento sia importante per tutti i cittadini che hanno a cuore il futuro della salute pubblica e dello sviluppo eco ambientale di tutti i siti che si affacciano nel perimetro del Golfo di Follonica. In un momento come questo, è fondamentale risvegliare il nostro senso civico e assumerci il ruolo di protagonisti, in relazione alle scelte future, per la migliore qualità della vita che dobbiamo esigere per noi e per le generazioni che ci seguiranno. Non dobbiamo voltare lo sguardo e farci cadere addosso delle decisioni piovute dall’alto, dobbiamo avere la forza di continuare ad esternare le nostre forti perplessità sulla effettiva necessità di un impianto come quello della Scarlino Energia nella zona del Casone, che inquina un territorio già purtroppo compromesso indebolendo con la sua attivazione la rinascita turistica di Follonica e a mio modesto parere anche del futuro porto di Scarlino. Per un pomeriggio mettiamo al primo posto la salute e il bene comune: ritagliamoci un po’ di tempo per ascoltare, riflettere e capire. Dimostriamo che ci siamo uniti in una lotta comune contro l’inceneritore e l’incenerimento a queste condizioni perché finalmente ,ora, tutte le forze politiche sia della maggioranza che dell’opposizione ,con l’apporto compatto costante e prioritario di tutta l’amministrazione, di Follonica possano lavorare insieme per un unico obbiettivo. Questa è la prima volta da 15 anni a questa parte che i cittadini di Follonica hanno la possibilità di partecipare attivamente ad un’udienza di tale importanza. Cerchiamo di non perdere questa opportunità.

Anna Maria Gaggioli

Toscana la bella


Da un'articolo di Michele Nannini uscito ieri sul Tirreno, ho estrapolato due dati interessanti:
1. negli ultimi 10 anni gli imprenditori che hanno effettuato più investimenti a Follonica sono i gestori/proprietari dei trentatrè stabilimenti balneari del Golfo.
2. il turismo balneare rappresenta il 53% del Pil Toscano.
Premesso che secondo me il Pil non è il massimo degli indicatori il secondo dato mi sembra impressionante.
Rappresenta una regione che produce per solo 4-5 mesi all'anno, significa che per la maggior parte dell'anno andiamo a mezzo regime.
Quello che nessuno ha fatto notare è che la Toscana non può affidare metà del suo sostentamento ad un settore stagionale che risente fortemente degli andamenti ciclici dell'economia. In poche parole se in un anno di crisi il turismo va male siamo già in una situazione di emergenza.
Forse sarebbe il caso che le varie amministrazioni toscane cominciassero (o continuassero, qualcuna ci prova di già) a creare nuove opportunità per investire in settori meno fragili strutturalmente.
L'articolo mi ha fatto tornare in mente le parole di un ex consigliere comunale di Rosignano, che era stato espulso dai Comunisti Italiani perchè troppo eterodosso:
"Ma siamo sicuri che la Toscana debba essere solo bella?".

Wednesday, November 25, 2009

La controriforma Mugnai


L'Italia non è un paese per liberalizzatori, né per giovani. Più agguerrite che mai, le varie lobby che negli anni scorsi hanno visto intaccati i loro interessi dalle liberalizzazioni dei decreti Bersani stanno dettando la restaurazione. Ne è un esempio eclatante la riforma della professione di avvocato, appena approvata dalla commissione Giustizia del Senato. Cancella i pochi provvedimenti innovativi dalla legge 248 del 2006 e ribadisce una impostazione assolutamente corporativa della gestione della professione di avvocato.

La breve stagione delle “lenzuolate” di Pier Luigi Bersani è morta e sepolta. Più agguerrite che mai, le varie lobby che hanno visto intaccati i loro interessi stanno dettando la restaurazione. La riforma della professione di avvocato, approvata la settimana scorsa dalla commissione Giustizia del Senato, ne è un esempio eclatante. Cancella i pochi provvedimenti innovativi dalla legge 248 del 2006 e ribadisce una impostazione assolutamente corporativa della gestione della professione di avvocato. Non è un paese per liberalizzatori, né per giovani, che trarrebbero vantaggio da una regolamentazione meno corporativa dell’attività forense.

LA RESTAURAZIONE

Il mercato dell’attività forense italiano non è certo un far-west senza regole. La tavola sotto riporta l’indice di regolamentazione della professione di avvocato per i paesi Ocse. Nel 2008 l’Italia si colloca al ventiseiesimo posto su ventisette paesi per quel che riguarda la regolamentazione complessiva: solo la Turchiaha un livello superiore a quello italiano. Siamo ai massimi livelli per la regolamentazione dell’accesso alla professione, mentre andiamo un po’ meglio per la condotta - quello che un avvocato può e non può fare in termini di pratiche concorrenziali -, grazie alla legge 248 del 2006 con una serie di provvedimenti per “il rilancio economico e sociale”. Tra le altre cose, la legge ha abolito le tariffe minime, il divieto di tariffe contingenti al risultato, quello di pubblicità, quello di fornire i servizi da parte di società di persone. Tariffe minime e restrizioni sui contratti stipulabili sono classiche misure di restrizione alla concorrenza. La possibilità di fornire servizi da parte di società di persone dovrebbe contribuire al nascere di forme organizzative più moderne e produttive. La legge non modificava la disciplina di accesso alla professione. Tuttavia, la scelta di liberalizzare prima la condotta e poi l’accesso è comune a molti paesi che hanno intrapreso il processo di liberalizzazione dei servizi professionali. Lasciava ben sperare che il provvedimento fosse il primo di un percorso più ampio.
Il disegno di legge approvato in commissione Senato spegne ogni illusione: dopo un passo avanti, due indietro.

a) In termini di restrizioni alla condotta, vengono reintrodotte le tariffe minime, “inderogabili e vincolanti”. Lo stesso non vale però per le massime: “È consentito che venga concordato tra avvocato e cliente un compenso ulteriore rispetto a quello tariffario”. Sono vietati accordi fra cliente e avvocato che prevedano il pagamento di una parcella solo nel caso che la causa sia vinta (contingency fees). La pubblicità, seppur non vietata, viene fortemente regolamentata: “È consentito all'avvocato dare informazioni sul modo di esercizio della professione, purché in maniera veritiera, non elogiativa, non ingannevole e non comparativa”.
b) Quanto all’accesso all’attività forense, viene ampliata la riserva di attività degli avvocati nel campo della consulenza legale e nelle procedure arbitrali. L’esame di
abilitazione diviene più oneroso, così come le condizioni di praticantato, senza riconoscere ai praticanti nessun diritto di compenso. Si ribadisce il divieto di esercitare l’attività organizzandosi in società di capitali: la paura della concorrenza da parte di forme organizzative più complesse e possibilmente più efficienti accomuna tassisti e avvocati. Unica innovazione, si introduce la società interdisciplinare: si permette a professionisti di più categorie – avvocati, commercialisti e così via – di ripartire tra loro i costi fissi delle strutture (come lo studio) e di sfruttare le sinergie derivanti dalla collaborazione reciproca.
L’Associazione nazionale forense presiede e supervisiona praticamente ogni aspetto della professione. Alla prossima rilevazione dell’Ocse supereremo sicuramente la
Turchia e raggiungeremo la testa della classifica. Un primato di cui andare poco fieri, a meno di essere titolare di un avviato studio legale o, in alternativa, figli di titolare.

IL PROBLEMA DELL’ECCESSO DI AVVOCATI

Basta leggere un romanzo di Gianrico Carofiglio o di Diego Da Silva per comprendere la condizione di sottoccupazione di molti giovani avvocati italiani. Ciò deriva da a) un eccesso di offerta di avvocati, a indicazione del fatto che le barriere amministrative sono uno strumento costoso e inefficiente per limitare l’entrata; b) vincoli alla condotta che limitano le possibilità di crescita professionale dei giovani avvocati. La strada intrapresa dalla legge del 2006 era quella di deregolamentare le condotte, abolendo arcaiche restrizioni alla concorrenza che rendono difficile per i giovani avvocati farsi largo nel mercato forense. La concorrenzaavrebbe assicurato un’allocazione efficiente delle risorse. L’impostazione del disegno di legge va esattamente nella direzione opposta, reintroducendo le restrizioni alla condotta, in vista di probabili ulteriori vincoli all’entrata. Il problema dei troppi avvocati si risolve proteggendo dalla concorrenza i professionisti avviati e riaffermando la dualità di questo mercato del lavoro.
Per capire a chi giova una riforma di questo tipo basta vedere chi l’ha promosso a pieni voti: il presidente del Consiglio nazionale forense, secondo il quale “il lavoro della commissione Giustizia è stato efficace” e il presidente dell’organismo unitario dell’avvocatura italiana, secondo il quale “la commissione Giustizia del Senato ha avuto coraggio, smentendo l’Antitrust che ha contrastato questa riforma”, e “un ulteriore passo è il numero programmato dall’università alla professione” – e chi l’ha criticata – l’Unione giovani avvocati italiani, secondo cui è “stata approvata una controriforma ma contro i cittadini”.

COSA CI DOBBIAMO ASPETTARE?

La strada che si sta percorrendo per riformare le professioni non promette nulla di buono. Stupisce l’appoggio al disegno di legge da parte dei senatori del Pd, il cui segretario aveva seguito tutt’altra direzione quando aveva responsabilità di governo: impossibile resistere al richiamo della corporazione? Le modifiche marginali proposte in commissione Giustizia del Senato non sono sufficienti. Il senatore Carofiglio, membro della commissione, scrive bei romanzi con protagonista Guido Guerrieri, un avvocato idealista e squattrinato che difende i poveri e i deboli. Questa riforma non aiuterà né avvocati come lui né i loro assistiti, né, in generale, i cittadini. Serve un’inversione netta di tendenza. Altrimenti, meglio lasciare le cose come stanno e tenersi strette le lenzuolate di tre anni fa. Ma sembrano ormai cento.

Tratto dalla voce.info del 22.11.2009