Thursday, September 18, 2008

Quel lezzo di fascismo...

Immaginiamo un ministro americano che proponga di considerare uguali coloro che hanno seguito Martin Luther King per ottenere la fine della segregazione razziale, e coloro che – indossando camice bianco e cappuccio e piantando nella notte croci infuocate – intendevano mantenere la segregazione per sempre. Dopotutto entrambi volevano sia pure in modi diversi, un’America solida e pacificata. In fondo molti, in entrambe le fila, erano in buona fede.

Per fortuna nessun Sindaco, tatomeno nessun ministro della Difesa ha osato pronunciare parole tanto folli… e se qualcuno lo facesse l’America si rivolterebbe.

In Italia abbiamo la fortuna e l’onore di meritarci un Sindaco della Capitale e un Ministro della Difesa, tale Ignazio La Russa, che recitano impunemente parole come queste. L’idea che ci sta dietro è quella di «coronare – come si usa dire in questi casi - un processo di pacificazione nazionale, fuori da ragioni ideologiche» riconoscendo anche ai combattenti di Salò i meriti di patrioti al pari di chi ha combattuto la Resistenza.

Viene in mente la Rabbia di Pasolini, sui ritardi morali e sociali dell’Italia, in cui si descrive quel lezzo di fascismo che non è presente solo in parole temerarie di ministri e sindaci, ma in un clima culturale tipico dei governi plebiscitari, che predicano il moralismo e praticano il qualunquismo, che consente ad alcuni ignoranti di dire, in pubblico, che «farei un torto alla mia coscienza se non ricordassi che i militari della Rsi combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d’Italia», mettendo sullo stesso piano chi ha servito l’occupante nazista ammazzando e torturando i partigiani, collaborando nella meticolosa attività di identificazione, arresto e deportazione degli ebrei italiani nei campi di sterminio; e chi invece ha combattuto perché nel nostro paese si affermasse la democrazia e la libertà.

Certo, le sofferenze brucianti e i drammi personali hanno investito tutti. E la pietas umana più profonda sia per tutti. Ma non si può confondere il piano delle vicende personali con il piano della Storia.

Spesso le scelte di stare da un parte o dall’altra non erano dettate da alte ragioni ideologiche o politiche, o da scelte chiare e razionali; molto spesso erano dettate da sentimenti di rabbia, di furore, dalla confusione, dall’opportunità. Ma dietro il milite delle Brigate nere più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le leggi raziali, gli omicidi politici, le camere di tortura, l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro c’era la lotta per una società pacifica e democratica. Il senso della storia è che al secondo dobbiamo quel che non avevamo, cioè pace, libertà, democrazia; il primo, se avesse avuto ragione, ce ne avrebbe ancor più ferocemente privato che in passato.
Se la distinzione fra i due non è mantenuta, se un qualsiasi italiano, se un giovane di oggi non pensa che se fosse accaduto a lui di trovarsi in quella situazione, si sarebbe affiancato a quel suo antico coetaneo che saliva lungo quel sentiero verso un destino di precarietà e di sofferenza, non vuol dire soltanto che si legge male la storia del passato: vuol dire che della libertà e della giustizia non ce ne importa nulla oggi.


Andrea Benini, Segretario del Partito Democratico di Follonica